Riflessioni postelettorali del Presidente GIA Giuseppe Iotti

28 settembre 2022

Seguici anche su

Facebook
YouTube
LinkedIn
Instagram

Passata la buriana di questa breve campagna elettorale, inaspettata ed inopportuna, si deve ancora fare il governo, ma questa volta i risultati inducono a pensare che, per fortuna, sarà una cosa breve. Non solo i mercati finanziari ma anche il mondo produttivo non amano l’incertezza.

Propongo nel frattempo qualche riflessione non di politica politicante, ma più di fondo, cercando di inquadrare questo momento, assai difficile per tutti, in uno scenario più ampio.

Quando il malato ha la febbre si pensa bene, intanto, il più delle volte a ragione, a farla diminuire. Però bisogna capire perchè ce l’ha, e curare le cause, altrimenti il malato non guarisce.

Oggi le persone, le famiglie e le imprese hanno bisogno di una mano concreta, e il governo precedente e quello venturo non possono che cercare di trovare i miliardi di Euro che servono a darla, per quanto possibile.

Solo il caro energia, per il momento, si prevede ne costi 20. A i lavoratori e alle imprese è utile tagliare il cuneo fiscale, 4.5 miliardi di costo delle misure di Draghi, il centrodestra prevede una ulteriore misura, altri 16 miliardi. L’adeguamento delle pensioni ne costa per ora 6, e se poi andasse avanti “quota 41”, avremmo un extracosto ulteriore di altri 6 miliardi all’anno. Per il rinnovo del contratto della pubblica amministrazione altri 5. Cito la fonte di questi dati sintetici, che è Enrica Piovan sulla Gazzetta di Parma oggi.

C’è poi il reddito di cittadinanza che, come tutti sappiamo, non ha dato quasi nessun esito di inserimento nel mondo lavorativo, e si è risolto in sostanza in un corposo rifinanziamento del reddito di inclusione che già c’era (ma l’aveva fatto il governo precedente, quindi bisognava cambiargli nome). Una misura di lotta contro la povertà che costa 7/8 miliardi all’anno. In effetti è soprattutto un sostegno ai redditi di milioni di cittadini del Sud. Chi non ha in simpatia questa misura, come me, sottolinea che al Sud ci sono milioni di persone che lavorano in nero, prendendo in genere poco, e non di rado lo fanno soggetti alla criminalità organizzata, per cui questa misura per loro è una integrazione a questo reddito, che per queste ragioni andrebbe del tutto ripensato.

Parto soprattutto da qui per fare due considerazioni più generali che credo importanti non solo per i cittadini ma per le imprese.

Dal 2002 abbiamo una moneta, che è l’Euro, forte anche se in tempi recenti svalutatasi rispetto al dollaro. La stampiamo a Francoforte insieme ai non pochi altri Paesi dell’Eurozona. La Gran Bretagna non è mai entrata, ha fatto le proprie politiche monetarie, ed economiche una volta uscita dalla UE, e di recente il suo governo ha proposto una ingente manovra di allentamento fiscale, che sta determinando il tracollo della sterlina. Lo Stato turco sta spendendo molto, anche in armi e imprese militari, e la svalutazione della sua moneta ha un ritmo spettacolare. Se l’Italia avesse ancora la lira, queste spese, peraltro per lo più incontestabili, avrebbero un effetto simile, sui nostri risparmi e la nostra capacità di acquisto. Nessun governo italiano perciò può permettersi di tirare la corda , per non perdere i vantaggi dello stare dentro l’Euro, cioè la relativa stabilità del cambio e soprattutto i tassi bassi. Chi in passato ha espresso fantasie su questo è poi crollato nei consensi, e chi è cresciuto afferma invece di volere un bilancio dello Stato solido, almeno per quanto può esserlo in queste circostanze. Le imprese hanno tutto da guadagnare a che queste e non altre siano le prospettive, chi è bravo lavora anche con l’Euro relativamente forte, e del resto meno forte è, più paghiamo caro ciò che è valutato in dollari, cioè energia e materie prime. Si tenga conto che in questi giorni in Svizzera si è tenuto un referendum popolare il cui risultato è stato l’approvazioni l’aumento dell’IVA al fine di finanziare le pensioni, il che è il contrario di quel che si vorrebbe fare qui. Non c’è da sorprendersi se la Svizzera e il franco stanno molto meglio di noi.

L’altra considerazione è che non saranno gli aiuti finanziari del governo a darci un futuro, anche se oggi servono per darci un presente e non consegnarci al passato. Se, per dare sussidi in giro, le finanze dello Stato si scassano (più di quanto già oggi non siano scassate), noi imprese non ne avremo dei vantaggi. Un’impresa va avanti, e sperabilmente cresce, se aumentano la produttività, il valore aggiunto, i margini, i profitti, gli investimenti, e non perchè ogni due per tre riceve aiuti dallo Stato. Basta vedere quello che molto spesso purtroppo è accaduto al Sud, dove tante aziende malate sono diventate moribonde e poi sono definitivamente defunte lasciando sedi e impianti in sfacelo e lavoratori in cassa integrazione permanente.

Come le imprese, anche il Paese va avanti se aumentano la produttività, valore aggiunto, investimenti produttivi. Il resto può essere necessario oggi, sapendo però che domani ripagheremo tutto, in un modo o nell’altro, e con gli interessi, e oltre tutto, probabilmente, la distribuzione geografica e sociale tra chi pagherà e chi no non sarà equa.

Il Presidente

Giuseppe Iotti

Chiedi informazioni e scopri tutti i vantaggi per gli associati GIA

Scopri di più

Contenuto protetto

Per poter visualizzare il contenuto è necessarrio effettuare il login.

Facebook
YouTube
LinkedIn
Instagram