28 aprile 2022
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Dopo la fine dello stato di emergenza, siamo alla vigilia di un’altra importante scadenza per le misure di contrasto alla pandemia, con significativi riflessi sui comportamenti da tenere nei luoghi di lavoro. Se non interverranno cambiamenti dell’ultima ora, il 30 aprile finisce anzitutto l’obbligo di possedere ed esibire il green pass per accedere ai luoghi di lavoro, e quindi viene meno il correlato obbligo di controllo datoriale.
La cessazione dell’obbligo riguarda tutti i lavoratori del pubblico e del privato, compresi gli addetti ai comparti scolastico/educativo e difesa/sicurezza, nonostante per queste due ultime categorie rimanga l’obbligo vaccinale sino al 15 giugno 2022. Anche gli ultracinquantenni, per i quali in ogni caso permane l’obbligo di vaccinazione sino al 15 giugno prossimo, potranno presentarsi al lavoro senza dover esibire alcun green pass. L’inosservanza dell’obbligo di vaccinazione per loro, come per gli addetti ai comparti scolastico/educativo e difesa/sicurezza, comporterà solo la sanzione amministrativa di 100 euro irrogata dalle Entrate sulla base degli elenchi forniti dal ministero della Salute, senza conseguenze sul piano del rapporto di lavoro. Diversa sembrerebbe essere la situazione del personale medico e sanitario, soggetto a obbligo vaccinale sino al 31 dicembre 2022, dal momento che la norma che li riguarda precisa che la verifica dell’adempimento di tale obbligo avviene attraverso «la verifica automatizzata del possesso delle certificazioni verdi Covid-19 comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione».
Analoga, anche se la formulazione della norma è meno chiara, si presenta la situazione dei lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie. Per queste specifiche categorie dunque il green pass potrebbe continuare ad avere rilievo, anche se sul punto un chiarimento non guasterebbe.
L’altra rilevante novità (sempre se l’annunciato decreto legge non disporrà diversamente) riguarda le mascherine.
L’obbligo di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie al chiuso verrà meno dal 1° maggio.
Questo dovrebbe valere, quindi, anche nei luoghi di lavoro, nei quali fino al 30 aprile le mascherine (chirurgiche) sono considerati dispositivi di protezione individuale (Dpi) in base all’articolo 74, comma 1, del Dlgs 81/2008. Il venir meno della qualificazione come Dpi delle mascherine ad opera della legge potrebbe trascinare con sé anche la caducazione delle norme contenute nei Protocolli anti-contagio, adottati dal 2020 nei luoghi di lavoro e addirittura “legificati” dall’articolo 29 bis del Dl 23/20, norma non soggetta a scadenza, a mente della quale, ai fini della tutela contro il rischio di contagio da Covid-19, i datori adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione dei Protocolli medesimi. L’ultima versione del Protocollo nazionale, quella del 6 aprile 2021, riprende infatti la qualificazione come Dpi delle mascherine, imponendone come conseguenza l’uso in caso di condivisione degli ambienti di lavoro e di riunioni in presenza. Tuttavia, non va trascurato che molti protocolli aziendali impongono l’uso generalizzato delle mascherine a prescindere dalle disposizioni legislative. Inoltre, nulla impedisce che il datore, in un’ottica di rigoroso rispetto del dovere di sicurezza, possa anche unilateralmente imporre, fino a che permane comunque il rischio Covid-19, l’uso della mascherina degli ambienti di lavoro, quantomeno nel caso in cui non sia possibile rispettare il distanziamento. Non si dimentichi, del resto, che l’infezione contratta in occasione di lavoro è pur sempre considerata (e tutelata) come infortunio sul lavoro. Vedremo se l’annunciato decreto legge porterà elementi di chiarezza sul punto. Sarebbe in ogni caso auspicabile che intervenga un aggiornamento del contenuto dei Protocolli oggi vigenti per fornire alle imprese indicazioni aderenti al nuovo contesto.
Per informazioni e chiarimenti fare riferimento all’Ufficio Sindacale dell’Associazione.