13 novembre 2019
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“Insufficiente, manca visione politica economica”. Bocciata la “Plastica tax”
Sebbene contenga alcuni interventi positivi, commentiamo una Manovra che è nel complesso insufficiente rispetto alle esigenze del Paese e rischia di non incidere in modo efficace sulla situazione di sostanziale stagnazione dell’economia. La Manovra non traccia un disegno di politica economica capace di invertire la tendenza negativa delle aspettative degli imprenditori e dei potenziali investitori, nazionali ed esteri. Anzi, in alcuni casi, produce un effetto opposto.
L’11 novembre scorso il Direttore generale Marcella Panucci è intervenuta per Confindustria di fronte alle commissioni Bilancio di Camera e Senato per l’audizione sulla Legge di Bilancio.
Tra i Paesi avanzati – ha aggiunto – l’Italia è quello che cresce meno, come evidenziano le stime più recenti del Fondo Monetario Internazionale e della Commissione europea. Quest’ultima prevede ormai il ristagno nel 2019 e una variazione di appena lo 0,4% nel 2020. La domanda interna è l’anello debole dell’economia italiana. In particolare, i consumi delle famiglie sono fiacchi da oltre un anno. Su di essi pesa l’aumento della propensione al risparmio, fenomeno sottolineato da tempo e attribuibile alla scarsa fiducia sulle prospettive future. Senza migliori aspettative e alla luce della congiuntura economica è difficile immaginare un’accelerazione degli investimenti privati e, senza quest’ultima, qualsiasi ripresa sarebbe comunque effimera. L’impostazione generale della Manovra – insieme al decreto fiscale e i recenti sviluppi su Ilva – conferma la tendenza ad alimentare un sistema d’imposizione che scoraggia gli investimenti perché accresce i costi delle imprese, riducendone i margini, e rischia di frenare i consumi, perché si trasferiranno sul prezzo dei beni, agendo in modo analogo a un aumento dell’IVA, che è ciò che si intendeva evitare.
Guardando poi alla vicenda Ilva si dimostra, ancora una volta, l’incapacità del Paese di dare alle imprese regole certe e chiare a supporto degli investimenti, nonché di valutare gli effetti di determinate decisioni sull’economia reale. È utile in proposito ricordare che il concetto di sostenibilità ha una componente ambientale, ma anche sociale e il rischio, in questa vicenda, è che rimanga irrisolta la prima compromettendo anche la seconda. Al di là di alcune importanti misure di sostegno alle imprese – Industria 4.0, incentivi ristrutturazioni ed efficienza energetica, credito d’imposta Sud – e della disattivazione delle clausole di salvaguardia, manca una visione di politica economica coerente con gli obiettivi auspicati dal mondo produttivo.
La plastic tax non aiuta ambiente e danneggia imprese: aumenta prezzi del 10% e pesa 109 euro annui a famiglia.
La plastic tax, che non comporta benefici ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti e rappresenta unicamente una leva per rastrellare risorse. Pur dando atto al Governo – ha aggiunto il Direttore Panucci – di aver avviato ora un confronto con gli attori interessati, la “plastic tax” danneggia pesantemente un intero settore produttivo, che è il secondo in Europa, con effetti negativi anche per chimica e comparti utilizzatori di imballaggi. Rappresenta infatti una sorta di doppia imposizione, perché le imprese già oggi pagano il contributo ambientale Conai per raccolta e riciclo di imballaggi in plastica e determina un aumento medio del 10% del prezzo di prodotti di larghissimo consumo, contribuendo a indebolire la domanda interna con un impatto sulla spesa delle famiglie stimabile in 109 euro annui. Valutazione simile per la sugar tax, che potrebbe produrre una riduzione del 10-15% dei fatturati delle imprese del settore, in assenza di evidenze circa i benefici per la salute.
La tassa sulle auto aziendali è una stangata per 2 milioni di lavoratori
Confidiamo che il dibattito parlamentare possa risolvere le criticità che abbiamo evidenziato e porre almeno le premesse di una incisiva azione di rilancio. È una contraddizione, infatti, prevedere l’avvio di un percorso di riduzione del cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori e il contestuale innalzamento della tassazione sulle auto aziendali, che rappresenta una vera e propria stangata per circa 2 milioni di lavoratori, oltre a incidere su un settore economico, quello dell’automotive, già penalizzato su altri fronti. Di fatto si tassa un bene che è già tassato e lo si fa intervenendo sulla busta paga dei dipendenti e sugli oneri contributivi dei datori di lavoro.
Le proposte di Confindustria per la prossima Legge di Bilancio
Poniamo all’attenzione di Governo e Parlamento l’urgenza di una grande operazione di realismo e di un piano di medio termine che non penalizzi l’unica vera risorsa Paese, ossia i luoghi del lavoro. Un piano che riduca i divari tra persone, territori e imprese, incrementando le occasioni di occupazione qualificata e favorendo gli investimenti in infrastrutture e innovazione, e che riattivi l’ascensore sociale, puntando sulla formazione, sull’innovazione e sulla nostra creatività, intesa come intelligenza e capacità di reazione.
Un piano che sia saldamente fondato su almeno tre pilastri:
- le infrastrutture che, oltre a essere un potente fattore di coesione sociale, attivano posti di lavoro, incidono sulla qualità della nostra vita e sono la precondizione per una vera azione di rilancio dell’economia. Un’efficace politica infrastrutturale, oltre ad affrontare l’annoso problema delle risorse (negli ultimi 5 anni la spesa pubblica per investimenti è risultata di quasi il 20% inferiore, in termini nominali, a quella dei 5 anni precedenti), deve garantire adeguata selezione degli interventi ed efficienza dei tempi con cui viene messa in atto. La stessa BEI evidenzia la necessità di promuovere un miglioramento della governance a tutti i livelli, prevedendo, tra l’altro, un’accurata selezione dei progetti, così da garantire un utilizzo efficiente delle risorse disponibili anche a livello UE. In tal senso, la positiva esperienza dei commissari straordinari per la realizzazione di infrastrutture strategiche, come la linea ferroviaria Napoli-Bari, dovrebbe essere considerata per riavviare quelle bloccate e andrebbe accompagnata da poteri sostitutivi in capo alla Presidenza del Consiglio, per individuare e superare gli impedimenti procedurali. Al contempo, occorre agire sull’efficienza amministrativa, intervenendo sul problema della “fuga dalla firma” e prevedendo meccanismi rapidi per lo smaltimento delle cause sulle riserve di cantiere;
- l’inclusione dei giovani nel mondo del lavoro, offrendo opportunità di crescita adeguate alle competenze e mettendo fine all’emorragia dell’emigrazione “forzata” per assicurarsi un futuro migliore. Il tema dovrebbe essere oggetto di un grande piano in grado di azionare leve su più fronti, nel pubblico come nel privato. In quest’ultimo contesto, andrebbero ampliati gli attuali incentivi all’inserimento lavorativo dei giovani, in termini di sgravi contributivi sia sulle assunzioni a tempo indeterminato che sull’apprendistato. Siamo infatti convinti che vada rafforzata la possibilità per i giovani di “imparare lavorando” e poi stabilizzarsi in azienda. In tal senso, l’apprendistato è uno strumento fondamentale e andrebbe, da un lato, meglio articolato rispetto alle esigenze delle imprese e ai fabbisogni formativi dei giovani e, dall’altro, ulteriormente incentivato. Altri temi nevralgici sono quelli, già richiamati, legati alla necessità di superare il mismatch tra domanda e offerta di lavoro e che passano per il rafforzamento degli ITS, che avrebbero bisogno di un finanziamento adeguato su base pluriennale, e per il rilancio dei percorsi di alternanza scuola-lavoro, penalizzati invece negli ultimi anni;
- l’innovazione, anche attraverso il rafforzamento del Piano 4.0 e il suo ampliamento alla sostenibilità, per supportare anche gli investimenti sull’economia circolare e sull’efficienza energetica, mobilitando risorse pubbliche e private e puntando su una tassazione premiale e una finanza a sostegno della crescita e dell’export delle imprese. In proposito, considerata la composizione del nostro tessuto produttivo, andrebbero immaginate forme di premialità per le imprese che avviano progetti di trasformazione tecnologica insieme ad altri soggetti industriali o enti di ricerca. Ciò per favorire le sinergie tecnico-produttive lungo le catene di fornitura e contribuire all’innalzamento della competitività dell’industria italiana e della sua sostenibilità ambientale. In sintesi, occorre puntare sulla complementarietà virtuosa tra gli investimenti materiali e immateriali per l’innovazione, l’internazionalizzazione e il rafforzamento delle filiere produttive.
In conclusione, quello che immaginiamo è un piano che induca tutti, forze politiche, economiche e sociali, a fare del rilancio del Paese la grande missione dei prossimi anni. Confidiamo che il dibattito parlamentare sulla Manovra possa risolvere le criticità che abbiamo evidenziato e porre almeno le premesse di questa incisiva azione di rilancio.