31 luglio 2019
Per i contratti pubblici formati all’interno del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa) e i relativi documenti redatti e firmati in formato elettronico, il Bollo va assolto con il contrassegno telematico o in modalità virtuale. Per il rilascio, invece, dei duplicati informatici di atti amministrativi informatici, l’imposta non sempre si applica. In sintesi, le risposte nn. 321 e 323 del 25 luglio 2019 fornite dall’Agenzia delle entrate a due istanze di interpello.
I due quesiti
Il primo quesito (n. 321) è formulato da un ente che opera tramite Mepa per l’affidamento di contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, con la conseguente produzione di documenti in formato elettronico e firmati digitalmente.
L’istante chiede in che modo deve assolvere il bollo su questi atti prodotti digitalmente, prospettando, al contempo tre differenti procedure:
- virtualmente (presentando una domanda ad hoc all’ufficio delle Entrate competente),
- con contrassegno telematico
- tramite modello F24.
Il secondo quesito (n. 323), proposto da una Regione, è in sostanza una domanda puntuale: se i duplicati informatici di documenti amministrativi anch’essi informatici, prodotti in conformità alle disposizioni del Codice dell’amministrazione digitale (Cad), debbano essere assoggettati all’imposta di bollo.
Le due risposte
Le conclusioni dell’Agenzia naturalmente non possono prescindere dalle norme di riferimento, quindi, in relazione alla prima domanda i tecnici del Fisco “rispolverano” gli articoli 3 e 15, del Dpr n. 642/1972, i quali rispettivamente dispongono che l’imposta di bollo su documenti informatici si versa ”…mediante pagamento … ad intermediario convenzionato con l’Agenzia delle Entrate, il quale rilascia, con modalità telematiche, apposito contrassegno;… in modo virtuale, mediante pagamento dell’imposta all’ufficio dell’Agenzia dell’entrate o ad altri uffici autorizzati o mediante versamento in conto corrente postale” (articolo 3) – in caso di pagamento con modalità virtuale “… l’interessato deve presentare apposita domanda – di autorizzazione – corredata da una dichiarazione (…) contenente l’indicazione del numero presuntivo degli atti e documenti che potranno essere emessi e ricevuti durante l’anno” (articolo 15).
E queste sono le uniche due strade percorribili dall’istante per assolvere l’imposta di bollo:
- in modo virtuale, presentando agli uffici dell’Agenzia territorialmente competenti apposita richiesta di autorizzazione,
- o mediante versamento ad un intermediario convenzionato con le Entrate, che rilascia l’apposito contrassegno.
Resta esclusa l’ultima via proposta, vale a dire il pagamento tramite modello F24, che si utilizza solo in caso di “documenti informatici fiscalmente rilevanti”, vale a dire libri, registri e altri documenti rilevanti ai fini tributari (articolo 6, Dm 17 giugno 2014).
Per quanto riguarda la seconda domanda, l’Amministrazione richiama la disciplina contenuta negli articoli n. 1, comma 1, della tariffa, parte prima, allegata al Dpr n. 642/1972, e n. 5, comma 1, lettera b) dello stesso Dpr, in base ai quali, nell’ordine, “per le copie dichiarate conformi, l’imposta, salva specifica disposizione, è dovuta indipendentemente dal trattamento previsto per l’originale” e “per copia si intende la riproduzione, parziale o totale, di atti, documenti e registri dichiarata conforme all’originale da colui che l’ha rilasciata”.
Pertanto, il presupposto per l’applicazione del Bollo si realizza quando sulle copie è presente la dichiarazione di conformità all’originale, per le quali l’imposta dovuta è nella misura di 16 euro.
Spostando poi l’attenzione sui documenti informatici, l’Agenzia osserva che il Cad (Dlgs n. 82/2005) dispone che “i duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle linee giuda” (comma 1, dell’articolo 23-bis), cioè attraverso “processi e strumenti che assicurino che il documento informatico ottenuto sullo stesso sistema di memorizzazione, o su un sistema diverso, contenga la stessa sequenza di bit del documento informatico di origine”. Quindi, sostiene l’amministrazione, così ottenuto, dal punto di vista tecnico il duplicato è identico e indistinguibile dall’originale.
Pertanto, il presupposto impositivo dell’imposta di bollo si realizza solo per le copie informatiche di documenti informatici munite di dichiarazione di conformità all’originale attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
Tanto premesso, considerato che, come dichiarato dalla Regione istante, sulle copie digitali dei documenti amministrativi dematerializzati (decreti del presidente della giunta regionale, del segretario generale, dei direttori generali, dei vicedirettori generali e dei dirigenti) non vi è alcuna dichiarazione di conformità all’originale, per il loro rilascio non è prevista l’applicazione dell’imposta di bollo.